Inoltrandosi nelle campagne e fra i boschi tramite una strada ai limiti del Borgo di Torrimpietra, si intravede in alto, isolata su un piccolo sperone tufaceo, la Torre del Pagliaccetto che era (prima che le fosse attribuito questo nome) la vera Turris in Petra così designata dai geografi medioevali; il suo nome odierno (dato che poi il toponimo fu attribuito al Castello di cui trattiamo) è legato alla leggendaria figura di un fattore dei principi Falconieri: Il Pagliaccetto.
Pagliaccetto era un uomo dotato di qualità magiche: amico di novantanove folletti, in una notte con essi aveva costruito i novantanove fontanili della tenuta di Torrimpietra, una torre, nella quale lo stesso Pagliaccetto prese dimora. Tutt’intorno alla torre, sempre nella stessa notte, aveva piantato un uliveto.
Per quanto questo già possa sembrare abbastanza, egli aveva anche un’altra dote straordinaria: quella di incantare le bestie. L’animale più ribelle e feroce diventava mansueto una volta avvicinato da Pagliaccetto.
Con la sicurezza che gli ispiravano le proprie doti magiche, Pagliaccetto, capovaccaro di pianura, raccolse baldanzosamente la sfida di Pocaciccia, porcaio di una zona di montagna. Secondo il bando diffuso su ordine del Principe Orazio Falconieri, la tenzone chiedeva ai due contendenti di domare due tori infuriati e aggiogarli per tirare un aratro. Il vincitore sarebbe stato colui che tracciava il solco più lungo e diritto.
Pagliaccetto era così sicuro di vincere che promise solennemente di fronte al principe Orazio di lasciare la bellissima amata Aniella, nonché la sella e le briglie magiche, dalle quali sprigionava il potere di ammansire gli animali, a chi le voleva, se fosse stato sconfitto.
Pocaciccia si rivela un rivale terribile. La sicurezza di Pagliaccetto a poco a poco svanisce e l’ansia di perdere lo fa sbagliare. Pocaciccia vince così la sfida, tra la sorpresa di tutti e con grande scorno di Pagliaccetto
Pagliaccetto, umiliato, si allontana da tutti per rientare alla sua dimora, dimentico della promessa fatta a Orazio. Arrivato alla torre scopre con disperazione che Aniella l’ha abbandonato per il principe.
Fuori di sé Pagliaccetto percorre la campagna e nasconde la sella e le briglie, le ultime cose preziose che gli sono rimaste: secondo una credenza popolare orale, seppellì la sella magica (bardella) nel bosco che circonda la tenuta, lanciando una maledizione a chiunque entrasse nel bosco. Ancora oggi boscaioli, fungaroli, asparagari e cacciatori, evitano sistematicamente di avventurarsi nel bosco “sacro”.
Col suo richiamo irresistibile, Pagliaccetto incanta tutti gli animali della zona, che accorrono in massa da lui. Come pazzo egli le dirige verso il mare in burrasca, nel quali si immerge invitando gli animali a seguirlo. Invocando disperatamente Aniella, il vaccaro-mago vince la riluttanza delle bestie con un ultimo terribile richiamo. Vedendolo scomparire nei flutti tutti gli animali si slanciano in acqua affongando insiema con lui.
La vendetta di Pagliacetto è così compiuta: il principe che gli ha portato via la dolcissima amante, ha pagato con la perdita degli animali dei suoi possedimenti. Non un uccello più canta, non un cane più abbaia. Un silenzio innaturale e sinistro avvolge la tenuta di Torrimpietra.
La torre ancora oggi è lì, su una collina, da tutti chiamata Torre di Pagliaccetto.
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