“Ti. Claudius Drusi f. Caesar Aug. Germanicus pontif. max. trob. Potest. VI cos. Design. IIII imp. XII p.p. fossis ductis a Tiberi operis portus caussa emissisque in mare urbem inundationis periculo liberavit“.
Con queste parole, impresse in modo monumentale in un edificio pubblico, l’imperatore Claudio nel 46 d.c. volle celebrare la costruzione del suo porto, il porto di Claudio, il primo dei due grandi porti imperiali che trasformarono il territorio in Portus, la città dei porti imperiali.
La capitale, in continua crescita demografica, era afflitta da gravi problemi di approvvigionamento, soprattutto durante la cattiva stagione.
Claudio decise di far costruire un porto artificiale ma il progetto non ebbe un’accoglienza positiva per l’enorme spesa economica prevista. Inoltre, la pericolosa vicinanza del Tevere avrebbe portato, in breve tempo, grandi quantità di terra in grado di inibire il funzionamento dell’intera struttura.
Nonostante ciò, il luogo prescelto fu circa 3 km a nord della foce. La costruzione iniziò nel 42 d.C. con lo scavo di metà bacino nella terra ferma, protendendo nel mare aperto due lunghi moli che delimitavano a tenaglia un’ampia superficie .
Un faro di segnalazione fu fondato sulla nave in disarmo che, per volere di Caligola, aveva trasportato l’obelisco per il Circo Vaticano; un’imbarcazione di considerevoli dimensioni con un carico di zavorra di oltre 1000 tonnellate che, a dire di Plinio, occupò gran parte del molo sinistro.
Altri autori, tra cui Svetonio e Cassio Dione parlano invece di un’isola.
Soltanto nel 64 d.C., l’opera portuale venne completata da Nerone che fece coniare, per l’occasione, delle monete commemorative.
Oltre che dal problema dell’insabbiamento, la sorte dell’enorme bacino era già stata segnata da una traversia: Tacito ci informa che nel 62 d.C. una tempesta affondò o rese inservibili almeno duecento imbarcazioni da carico, mentre un altro centinaio, che erano penetrate nel Tevere, andarono perse a causa di un incendio. Tale episodio evidenziò la scarsa affidabilità del porto.
Tra il 100 e il 112 d.C., l’imperatore Traiano interverrà con un nuovo progetto che prevedeva l’escavazione di un grande bacino esagonale, interno rispetto al porto di Claudio. Quest’ultimo rimase attivo forse con più specifica funzione di riparo in rada. (fonte: NAVIS).
E dopo questa utile introduzione storica e bibliografica, che ne dite di iniziare la passeggiata per i porti imperiali di Claudio e Traiano insieme a noi? Iniziamo dai, superiamo il cancello ed entriamo in questo luogo meraviglioso.
Appena entrati siamo immediatamente avvolti da un verde prorompente che ci fa dimenticare di essere vicino ad un aereoporto intercontinentale, una strada ad alto scorrimento e ad una città.
Prendiamo il sentiero alla nostra destra che ci porta ad un cartello informativo che ci spiega l’importanza della cinta muraria di Portus,
“Nel corso della tarda antichità, l’indebolimento dei confini dell’impero ed il pericolo di attacchi diretti ai punti vitali dello stato, fecero di Portus un centro di grande rilevanza strategica. Per garantire la sicurezza dello scalo e l’approvigionamento di Roma, verso la fine del V secolo, venne eretta intorno all’impianto portuale una cinta muraria di fortificazione. Nella parte occidentale la fortificazione raggiunse l’ampiezza complessiva di 3 metri circa, inglobando il fronte esterno di un magazzino di età tardoantica.”
Queste mura dovevano essere molto possenti a giudicare dalle ricostruzioni che gli studiosi della soprintendenza archeologica di Ostia hanno realizzato e che sono visibili sul pannello di fronte a noi.
Qui a destra una foto del sentiero che abbiamo preso appena entrati e mostra una parte dei magazzini che si trovavano in questa zona della struttura portuale.
Leggiamo sul cartello informativo qualcosa in più su questi magazzini,
“Questo magazzino sorgeva a poca distanza da un’importante costruzione pubblica, la Porticus Placidiana, eretta nel 425 d.c. sulla sponda settentrionale della Fossa Traiana. La presenza di strutture destinate all’immagazzinamento delle merci risalenti all’epoca tardoantica (V secolo), che continuarono a subire numerose ristrutturazioni, testimonia il ruolo fondamentale svolto da Portus come centro di arrivo e immagazzinamento delle derrate destinate al mercato Romano ancora in questo periodo.
Inoltre l’ubicazione di questi magazzini, in prossimità del canale, è un segnale del progressivo spostamento del baricentro delle attività portuali verso la Fossa Traiana che caratterizza il periodo altomedievale.“.
Proseguiamo il nostro percorso e dopo pochi passi immersi nel verde e nella storia eccoci arrivati ai famosi portici di Claudio.
Appena arrivati nell’area del portico di Claudio non vi nascondo che sono rimasto estasiato: un grande viale alberato con antichissimi resti del portico costruito dall’imperatore Claudio 2000 anni fa. Intorno a me il silenzio, se non per il ciguettìo degli uccelli e una leggera brezza marina che suonava le foglie delle fronde degli alberi attorno a me.
Dopo qualche foto e qualche attimo a godere del panorama mi sono avvicinato ad un cartello informativo più avanti sulla mia destra,
“Questo monumentale portico è stato messo in luce nel 1933 durante i lavori di bonifica fatti eseguire dal principe Giovanni Torlonia.
In base alle caratteristiche delle colonne, costituite da più rocchi di travertino lasciati intenzionalmente sbozzati e non rifiniti, lo si può attribuire all’epoca di Claudio. Infatti questo tipo di trattamento delle superfici di elementi architettonici trova stretti paralleli con monumenti di Roma risalenti all’età di Claudio (Porta Maggiore e le arcate del tempo di Claudio sul Celio).”
Proseguiamo la nostra passeggiata e incontriamo sul nostro cammino diverse aree al cui interno ci sono colonne e grandi mura, sono probabilmente dei magazzini in cui gli antichi Romani immagazzinavano derrate alimentari provenienti da tutto l’impero.
Continuiamo la lettura dal pannello informativo,
“L’imponente struttura definiva in maniera monumentale il fronte occidentale del porto di Claudio; presenta una pianta a forma di T poichè si congiunge con un’ampia via colonnata, larga circa 8 m, che corre in direzione est-ovest.
Il complesso fu ristrutturato in età traianea (II sec. d.c.) e poi severiana (III sec. d.c.) quando venne inglobato in un grande magazzino in opera laterizia.”
Le banchine, più volte restaurate in epoca antica, conservano ancora le rampe per la discesa in acqua.
Inoltre, sulla testata orientale, rimangono i resti di alcuni ormeggi per le imbarcazioni quali basi di colonne in travertino.
“Uno dei due bracci del portico, le cosidette Colonnacce, fu chiuso ai due lati e divenne dunque una sorta di atrio monumentale verso il complesso di edifici destinati all’immagazzinamento delle merci“.
Mi incammino all’interno della sala delle Colonnacce, mi volto a guardarle e mi fermo un attimo ad osservarle meglio: sono cosi eleganti nella loro ruvidezza e il bianco del loro marmo è ancora vivo, anche dopo secoli di tempo, pioggia, vento, salsedine.
Mi colpiscono anche le pareti con quei rilievi mattonellati particolari, come se fossero bassorilievi geometrici.
Superato l’atrio delle colonnacce incontro di fronte a me un rudere e sopra di esso un pino marino che lo abbraccia, lo avvolge con le sue radici, in un simbolico abbraccio tra natura e storia.
Accanto a me un cartello del parco mi indica il percorso da seguire. Continuiamo questo splendido viaggio.
Entriamo dentro un vicolo stretto affiancato da due grandi mura e lo percorriamo. Verso la sua fine ci sono diverse piante di edera che lo colorano di verde rendendolo selvaggio ed etereo.
Superato il vicolo ecco che si presenta di fronte a noi un’immensa distesa verde circondata da vicoli, boschi e ringhiere, si tratta della Darsena. Ci avviciniamo ad un cartello informativo per capire meglio cosa fosse e a cosa servisse questo spazio cosi ampio che, un tempo, probabilmente ospitava una grande distesa d’acqua dove oggi sorge un tappeto d’erba,
“La Darsena, con questo termine di indica un vasto bacino rettabgolare (230x48m circa) che fa parte dell’originario progetto del porto di Claudio, con funzione di bacino interno, ma che fu realizzato durante il principato di Nerone, cosi come testimonia il rinvenimento di un bollo laterizio recante il nome di Lucius Iuluis Rufus, console nel 67 d.c.. Tuttavia la Darsena ha conosciuto almeno due grandi fasi costruttive, una di età neroniana ed una successiva risalente all’epoca traianea“.
Improvvisamente sento uno strano rumore, dapprima solitario poi via via più corale, quasi fosse un orchestra sinfonica della natura: un gruppo di rane inizia a gracidare e cosi mi rendo conto che in fondo, tra quell’immensa distesa verde, c’è ancora uno specchio d’acqua.
Mi avvicino alla ringhiera di protezione e notò che tra i canneti e l’erba verde c’è una grande distesa d’acqua a ricordo di quel grande lago che una volta fu la Darsena di Portus.
Mi riavvicino al cartello informativo e noto come ai tempi della bonifica tutta quella zona fosse assai meno verde e lo specchio d’acqua fosse ancora ben visibile.
Lo specchio d’acqua è regolare e si notano ancora le bitte che servivano per attraccare le navi da carico che si fermavano in questi luoghi e risalivano placidamente il fiume verso Roma.
Riprendiamo a leggere,
“Le ricerche sulla Darsena sono ancora allo stato iniziale. La profondità è stimata intorno agli 8 metri, ma non è stato possibile stabilire se il fondo fosse pavimentato come il bacino esagonale e parte della Fossa Traianea. E’ certo tuttavia che le sponde, analogamente al porto di Traiano, erano costituite a “scarpa” in modo da attenuare il moto ondoso. Il bacino, a giudicare dalle dimensioni e dalla tipologia delle bitte d’ormeggio, era destinato ad accogliere imbarcazioni di piccolo cabotaggio ed era utilizzato verosimilmente come rimessaggio delle imbarcazioni destinate alla navigazione fluviale“.
Proseguiamo il nostro viaggio e ci incamminiamo sul lungo viale alberato che affianca la Darsena.
Lungo il percorso osservo piccoli anfratti verdi, e mi ritrovo a chiedere “chissà cosa nascondono, chissà cosa c’era lì 2000 anni” immaginando piccoli rivoli d’acqua che dal fiume arrivavano alla Darsena per nutrirla di nuova linfa fluviale.
Il paesaggio non è quello classico mediterraneo, il bosco circostante è ampio e variegato: corbezzoli, tigli, lecci, quercie, eucalipti, una miriade di piante ed alberi che colorano di verde tutto quello che mi circonda. La natura e la storia sono il centro di questo mondo e a me sembra di essere lontano migliaia di km dalla civiltà moderna, come se fosse entrato in un tunnel spazio-temporale che mi ha riportato indietro di 2000 anni.
E’ una sensazione meravigliosa perdersi in questo luogo.
Mentre cammino, sulla destra, scorgo alcuni edifici che fanno parte del cimitero dell’Isola Sacra: è curioso come questo luogo, cosi ricco di storia e vita, sia in realtà un enorme e antico cimitero che ospita al suo interno la storia che fu, che racconta le vicende di tanti uomini e donne che 2000 anni fa passeggiavano esattamente dove sono io adesso, con i loro sogni, i loro dubbi e paure, i loro amori e la loro quotidianità, mentre ora non ci sono più, figli terreni di una storia eterea che sfiora ancora le nostre vite come il fumo di una candela che non vuole spegnersi.
Continuo il mio percorso fino ad arrivare alla fine del viale alberato e all’inizio della prossima tappa, i magazzini di Traiano.
Antichi ruderi si presentano di fronte a me mentre dietro, come la scenografia di uno spettacolo teatrale, si mostra orgoglioso un paesaggio verde di grandi prati e alberi.
Ci sono diverse costruzioni, probabilmente magazzini o horrea, che si ergono maestose lungo il sentiero che mi porta verso il porto di Traiano.
Mi avvicino ad un cartello informativo e leggo la descrizione di questi luoghi,
“La funzione di stoccaggio dei magazzini proseguì anche in epoca tardoantica. Una legge del codice Teodesiano dell’anno 364 impose il restauro dei magazzini Romani ma anche di quelli Portuensi, a riprova dell’importante ruolo ancora svolto da tali strutture.
Una parte del fronte settentrionale fu risarcita, tra il IV ed il V secolo, con una muratura continua in opera listata. Alla fine del V secolo i due lati dei magazzini che si affacciavano sul canale di imbocco del porto di Traiano furono inglobati nelle mura di fortificazione della città e rinforzati sul retro da pilastri ancor oggi visibili.”.
Incredibile come le costruzioni di questo porto furono importanti non solo per gli antichi Romani ma anche nell’alto medioevo, a riprova delle qualità ingegneristiche degli antichi Romani.
Alcune costruzioni hanno delle mura tagliate a metà e questo mi permette di poterle vedere al loro interno, di poter capire come erano costruiti gli antichi muri Romani.
Ci sono diversi materiali, una specie di malta che agglomera una serie di pezzi di anfora, pezzi di mattoni e più in generale materiale di scarto che probabilmente serviva a rinforzare la consistenza della malta.
A questo punto sono curioso, cerchiamo di capire come venivano costruiti i muri dell’antica Roma.
Davvero interessante vero?
Che grandi ingegneri erano gli antichi Romani!
Sempre più curioso continuo a leggere il cartello informativo,
“L’abbandono definitivo di questi horrea non è databile con certezza ma potrebbe risalire alla fine del VI secolo a giudicare dalla presenza al loro interno di sepolture databili a quel periodo. Un tratto delle mura tardoantiche che correvano lungo il fronte settentrionale fu restaurato in epoca altomedievale. I laterizi e gli altri materiali di reimpiego, disposti su filari ondulati, nonchè il legante di malta sabbiosa, fanno associare questo intervento a quello avvenuto nello stesso periodo lungo il cd. Antemurale“.
Dopo essermi inoltrato all’interno di questi horrea e averne ammirato la sapiente costruzione mi accingo a proseguire per il mio viaggio e percorro di nuovo il sentiero fino ad arrivare ad un bivio.
Ed ora? Qual’è la giusta direzione?
Alcuni visitatori mi aiutano in questa delicata decisione e prendono la destra del sentiero, cosi decido anch’io di proseguire per quella strada.
E avevano ragione 🙂
Dopo pochi passi ecco scorgere un sentiero che entro poco mi porterà verso i magazzini Severiani ed il porto esagonale del lago di Traiano.
Nel frattempo scorgo in lontananza un delisioso cottage a forma di castello ed un piccolo ponticello in muratura che sovrasta un sobrio canale d’acqua: l’atmosfera è davvero British e, per un attimo, sembra di essere in un paesaggio di campagna Inglese.
Nice! 🙂
Ancora una curva ed eccoci arrivati al porto esagonale di Traiano.
Che spettacolo!
Di fronte a me un vero lago, bellissimo e selvaggio, ma allo stesso tempo elegante e raffinato, circondato da una folta vegetazione e da sobri sentieri bianchi. Un vero paradiso.
Sulla destra mi accorgo che ci sono delle piccole casette in legno e muratura, mi reco quindi in loro direzione e arrivato ad un cartello informativo mi fermo a leggere incuriosito,
“L’ampliamento delle strutture portuali, voluto da Traiano, comportò la realizzazione dell’imponente bacino esagonale e lo scavo di un canale (Canale Romano) che collegava la fossa Traiana (realizzata però in età Claudia) ed il Tevere.
Il bacino fu scavato nella terraferma ad est del preesistente porto di Claudio.
Le dimensioni dell’invaso sono molto vaste: ogni lato dell’esagono è lungo circa 358 metri, occupando un’area di circa 32 ettari, mentre il diametro massimo misura circa 716 metri. Il fondo del bacino, profondo tra i 4 e 5 metri, era lastricato, presumibilmente per motivi pratici legati alla manutenzione. Le sponde erano costruite a “scarpa”, in modo che l’inclinazione delle pareti permettesse di attenuare il moto ondoso.
Nelle banchine erano ammorsati grandi blocchi di travertino con un foro di circa 45 centimetri che servivano all’attracco delle navi.
La forma esagonale non trova precedenti tra i porti antichi, tuttavia l’idea di realizzare bacini interni artificiali, ad imitazione delle baie naturali, era stata realizzata in altre località come Baia, Miseno ma anche a Cartagine.
Non è ancora del tutto chiaro il motivo che ha spinto il progettista del porto, forse Apollodoro di Damasco, a realizzare un bacino a pianta esagonale.
Oltre a motivi puramente estetici, volti all’esaltazione di Traiano e dell’impero, forse la ragione può essere ricercata nella scelta di una forma atta a svolgere in maniera più pratica e agevole le molteplici attività che si effettuavano nel porto“.
Proseguiamo il nostro percorso fino ad arrivare alla cosidetta “Casina delle anatre” dove troviamo dei piccoli cottage che ospitano sale per l’educazione ambientale, sale video che raccontano la storia del porto di Traiano ed anche un bar dove poter degustare cocktail, bibite o un buon vino contemplando la bellezza del porto esagonale.
E’ davvero rilassante e liberatorio poter restare qui ad ammirare il panorama, immaginando come fosse 2000 anni fa:
operai al lavoro, navi che lentamente si avvicinano alla banchina, marinai che scaricano e caricano le merci, un via vai di carri e persone indaffarate che lavorano e smerciano richhezze e prodotti provenienti dai 4 angoli dell’impero.
Sembra quasi di sentire quei suoni e vivere quei momenti.
Qui un tempo c’era la vita, il cuore pulsante ed economico di Roma.
Continuiamo a passeggiare e terminato il cammino torniamo indietro lasciandoci alle spalle il porto esagonale.
Ci mancherà.
Ed ora proseguiamo il cammino dirigendoci verso la prossima ed ultima tappa, i magazzini Severiani.
Prima di iniziare a parlare di questi splendidi magazzini di epoca Severiana, sapevate che qui a Portus è in atto un progetto internazionale ed accademico, il Portus Project (http://www.portusproject.org/it/), che coinvolge e riunisce ricercatori e specialisti dall’Università di Southampton, dalla British School at Rome, dal’Università di Cambridge, e dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma ed é stato finanziato in larga misura dalla Arts and Humanities Research Council (AHRC), con il supporto sostanziale dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, l’Università di Southampton e British School at Rome.
Dal sito del Portus Project,
“Diretto da Simon Keay, il Portus Project è guidato da due obiettivi principali. In primo luogo, si cerca di costruire una comprensione migliore di Porto stesso, così come la sua relazione con Ostia, Roma, e il resto del Mediterraneo. In secondo luogo, mira a sviluppare tecniche che miglioreranno il modo in cui i siti molto complessi di epoca classica possono essere indagati ed analizzati, e a valutare l’impatto di tali tecnologie sulla ricerca. La combinazione di indagini non distruttive, scavi tradizionali, rappresentazioni grafiche a computer e la simulazione grafica degli edifici sono componenti indispensabili per il raggiungimento dei nostri obiettivi.”
E’ meraviglioso che ricercatori e studiosi di diversi paesi Europei concorrano per conservare, valorizzare e promuovere un bene del nostro territorio, cosi importante ma cosi abbandonato da tutti noi, come se non ci rendessimo conto del tesoro che si nasconde dietro un pò di terra e acqua e che invece altri sanno valorizzare come merita.
E’ una lezione per tutti noi.
E allora perchè non farci spiegare dal direttore Simon Keay cos’erano i magazini Severiani?
Ascoltiamolo e osserviamo le interessanti ricostruzioni in 3d graphic.
Intorno a noi una serie di vicoli e archi, contorniati da diverse sale, i magazzini Severiani.
E’ tutto molto ben conservato e da un momento all’altro ci aspettiamo di vedere uscire da uno dei magazzini un antico commerciante Romano in atto di vendere la sua merce ai viandanti e mercanti che passassero di qui.
Mi avvicino al cartello informativo e leggo incuriosito,
“Il vasto edificio in opera laterizia risale, in base ai bolli rinvenuti nelle fondazioni, all’età degli Antonini e non dei Severi come si era ritenuto in passato. Il complesso fu edificato in almeno due riprese, dopo che furono demolite strutture precedenti di scarsa entità.
La planimetria dei magazzini presenta una forma ad L, le coperture dei vani sono costituite da massicce volte a crociera. Sulla base della capacità portante dei muri e dei pilastri nonchè della presenza di diverse rampe di scale, si può ipotizzare che la costruzione avesse più di un piano.
Era possibile accedere agli ambienti di stoccaggio direttamente dal porto esagonale, oppure attraverso uno spazio aperto, dal canale di imbocco del porto.
Inoltre i vani erano serviti da un ampio corridoio, aperto sull’area centrale con finestre e porte alternate che successivamente vennero tamponate.
In età tardoantica le mura difensive della città di impostarono in parte sul perimetro esterno del lato occidentale dei magazzini, rinforzato all’interno con una fodera muraria che comunque non sembra abbia compromesso l’utilizzo dell’edificio.
Intorno alla metà del V secolo il complesso, presumibilmente ancora in funzione, subì dei danni causati dall’instabilità del suolo e forse da eventi sismici“.
Il magazzino era organizzato in modo che lo scarico, lo smistamento, lo stoccaggio e il carico delle mercanzie avvenissero contemporaneamente in ogni settore senza intralci, grazie alla distribuzione dei sistemi di rampe.
L’accesso ai vani sui vari livelli avveniva da un corridoio distributivo illuminato da finestre che garantivano anche la visibilità negli interni, aperti solo con feritoie per l’aerazione.
Ed eccoci arrivati alla fine di questo meraviglioso viaggio per la storia di Roma.
E’ stato qualcosa di magico poter passeggiare negli stessi sentieri solcati 2000 anni fa dai nostri avi, poter osservare dove lavoravano, come vivevano, quali fossero le attviità quotidiane che svolgevano, comprendere meglio la storia dell’antica Roma.
Il tutto passeggiando in un enorme parco verde, con una natura rigogliosa, ricca di prati, alberi, canali d’acqua e laghi circondati dal solo rumore degli uccelli e del vento che muove le fronde degli alberi.
Non c’è che dire, il parco archeologico dei porti Imperiali di Claudio e Traiano è un luogo da visitare almeno una volta nella vita, non solo per osservare il più grande porto dell’antichità ma anche per capire le nostre origini, non quelle origini regali che ci raccontano i libri di storia, ma la vita di tutti i giorni: uomini e donne come noi che 2000 anni fa volevano vivere e sopravvivere come noi, magari con i loro sogni, desideri, forze e debolezze, pensando ad un futuro che noi oggi viviamo e che per loro era semplicemente un tempo inimmaginabile.
E’ semplicemente straordinario pensare che nelle nostre vene scorre anche il loro sangue e che il loro genio, la loro sagacia, la loro cultura pernia completamente l’attuale società civile occidentale. Lì dove vediamo reperti archeologici e resti di edifici c’era una volta un impero che ha letteralmente costruito e modellato la nostra società, con le sue positività e le sue negatività, ma ricca di cultura, arte, diritto, sapere e ingegneria.
Riprendiamo il sentiero e ci dirigiamo verso l’uscita attraversando un grande campo verde e superando un ponticello in muratura mentre una famiglia di nutrie lo attraversa placidamente.
Dopo pochi passi arriviamo all’entrata e mentre ci giriamo un’ultima volta per osservare la meravglia che ci circonda, salutiamo con un pizzico di dispiacere questi luoghi magici, consci che non sarà sicuramente l’ultima volta che li vedremo.
A presto Portus.
Concludiamo questo viaggio con il racconto di Portus fatto dal grande Alberto Angela durante una delle sue puntate di Ulisse.
ORARI E BIGLIETTI:
Dal giovedì alla domenica
dalle ore 9.30 alle ore 18 (ultimo ingresso ore 17)
dal 1 aprile al 1 luglio e dal 1 settembre al 2 dicembre
(da giovedì 1 novembre, ultimo ingresso ore 16.)
Per informazioni info@articolo9dellacostituzione.it
Ricordiamo che i laboratori e le visite guidate per i gruppi devono essere prenotate inviando una mail a prenotazioni@navigareilterritorio.it,
whatsapp +39.337.1175780
Per poter visitare il sito in altri giorni è necessario prendere contatto con il personale di vigilanza effettuando la prenotazione al numero 06.6529192 o all’indirizzo e-mail: pa-oant.museodellenavi@beniculturali.it
FONTI BIBLIOGRAFICHE E WEBOGRAFICHE:
I testi in corsivo e le grafiche sono tratte dai cartelli informativi realizzati dalla Soprintendenza Speciale per i beni archeologici di Roma.
Le foto sono state realizzate da noi in loco durante l’edizione della Notte Bianca del 2015.